
Nonostante l’8 marzo sia solo una data simbolica, crediamo che oggi sia comunque importante dare la dovuta attenzione a un tema che andrebbe affrontato e tenuto ben a mente ogni giorno dell’anno: quello del rispetto dei diritti delle donne.
Per questo motivo, abbiamo pensato di raccontare 7 storie di donne in cammino che hanno dimostrato grande tenacia, forza e quel mix di anticonformismo e intraprendenza che le ha portate a compiere grandi imprese. Non tutte hanno avuto il loro punto di forza nel camminare a piedi, ma ognuna di loro ha certamente lo spirito di pellegrine inarrestabili e determinate ad arrivare alla meta.
Raccontare le donne con dei simboli che le rappresentano, pensiamo sia un modo per rendere onore a tutte coloro che si impegnano in questa battaglia. Il nostro pensiero è infatti che nulla debba essere precluso sulla base di sterili preconcetti, che la parità consista nel dare a tutte le persone le stesse possibilità di essere libere e poter dimostrare il proprio valore.
Ognuna di queste 7 storie al femminile, per quanto diverse tra loro, ha in comune la voglia delle protagoniste di sfidare i limiti imposti dalla società o da un accadimento personale, evidenziandone la forza e la capacità di non arrendersi davanti a qualunque avversità.
«Essere donna è così affascinante. É un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai».
(Oriana Fallaci)
Storie di donne in cammino: Emma Gatewood

Iniziamo raccontando la storia di Emma Gatewood, una donna che potremmo definire un’autentica “roccia”, una persona il cui percorso evidenzia quanto la forza di volontà e la perseveranza possano portare davvero lontano.
L’avventura di Emma inizia a 67 anni, quando decide di compiere da sola il sentiero degli Appalachi, uno dei percorsi più duri al mondo che attraversa gli U.S.A. per circa 3500 chilometri. Pare che una delle motivazioni che la spinse a partire fosse che sino ad allora (1955) nessuna donna lo avesse mai percorso in solitaria!
Ben presto la sua impresa attirò l’attenzione mediatica, anche per il fatto che fosse madre di ben 11 figli e nonna di 24 nipoti: questo non fece che aumentarne la fama.
A poco a poco si scoprirono anche altri aspetti che caratterizzavano la sua personalità, come il suo eloquente equipaggiamento: scarpe da ginnastica, una coperta, un impermeabile, un telo; niente tenda, mappe o bussole.
Dopo la prima impresa, Emma percorse un’altra volta il sentiero degli Appalachi nel 1960 e una terza volta nel 1963, all’età di ben 75 anni, divenendo la prima persona in assoluto a compierlo così tante volte. Nel tempo gli aneddoti sulla sua vita avventurosa divennero leggendari e d’esempio per tante persone. Conosciuta da tutti con il nome di “Nonna Gatewood”, morì nel 1973 a 85 anni.
Annie Londonderry

Adesso è la volta di Annie Cohen Kopchovsky detta Annie Londonderry, una persona geniale e praticamente inarrestabile. Nonostante il mezzo utilizzato non fossero i piedi ma la bicicletta, possiamo assicurarti che la sua storia è davvero eccezionale.
La sua impresa fu così memorabile che realtà e leggenda si fondono e su di lei gli aneddoti e le diverse opinioni si sprecano, anche considerando il contesto di fine 1800. Pare che tutto ebbe inizio a causa di una scommessa: due uomini in un pub sostennero infatti che nessuna donna avrebbe potuto ripetere l’impresa di Thomas Stevens, che nel 1887 aveva compiuto il giro del mondo in bicicletta.
Ovviamente lei accettò la sfida, che per il completamento concedeva un tempo massimo di 15 mesi. Le altre regole del viaggio prevedevano non solo l’impossibilità di portare con sé del denaro, ma l’obbligo di terminare il tour guadagnando $5000 senza poter accettare donazioni. Il premio previsto era di $10000. A queste già stringenti prescrizioni, bisogna inoltre sommare il fatto che lei aveva pochissima esperienza con la bici. Una sfida impossibile?
Evidentemente lei non lo credeva affatto, visto che il 27 giugno 1894 iniziò il suo viaggio solamente con un cambio di vestiti e una pistola con l’impugnatura in madreperla! Per guadagnare il necessario e mantenersi, Annie si ingegnò in ogni modo possibile, trovando innanzitutto uno sponsor: la Londonderry Spring Water le diede $100 per applicare una targhetta pubblicitaria sulla sua bici (da qui il cognome “acquisito”).
In seguito sfruttò il clamore mediatico che la seguiva, guadagnando denaro tramite interviste, pubblicità, piccole conferenze e persino la vendita di gadget e foto con autografo. Al termine della sua avventura percorse circa 15000 km in bicicletta (giusto qualcuno in più di quelli necessari a fare il Cammino di Santiago in bici ;)), raggiungendo un totale approssimativo di 41000 sommando i tratti in treno e in nave. Un’impresa davvero incredibile, simbolo di intraprendenza e tenacia! Se ti interessa approfondire la sua storia dai un’occhiata a questo sito.
Donne in cammino: Annie Smith Peck

Annie Smith Peck è stata una pioniera nell’alpinismo femminile nonché una grande studiosa americana che ha scritto libri, girato il mondo e compiuto imprese ritenute impossibili per l’epoca. Nella sua incredibile vita ha stabilito molti record e sfidato praticamente tutte le convenzioni, provocando non poche polemiche!
La stampa infatti si mostrò sempre molto attenta a lei, anche se preferì spesso cavalcare le dispute causate dal suo abbigliamento considerato poco consono per i tempi, piuttosto che concentrarsi sulle imprese alpinistiche. Basti pensare che negli anni ’20 era considerato opportuno che durante una scalata una donna indossasse la gonna, invece dei pantaloni…
Questo tipo di opposizione provocò in lei maggiore determinazione, che dimostrò ampiamente. Uno degli esempi più clamorosi fu quando piantò una bandiera a favore del diritto di voto delle donne in cima al vulcano Coropuna in Perù, un’impresa che rimase negli annali.
Annie diventò pian piano un simbolo, finché le venne addirittura intitolata la vetta nord del monte Huascarán in Perù, ribattezzata Cumbre Aña Peck nel 1928. Per intuire la sua personalità avventurosa è sufficiente riportare la sua frase più emblematica: “La mia casa è dove si trova il mio baule”.
Storie di donne in cammino: Junko Tabei

Junko Tabei è stata un’alpinista giapponese, un mito assoluto dell’alpinismo femminile. Nata nel 1939, è stata la prima donna a scalare l’Everest, nel 1975, nonché la prima a scalare le sette vette più alte dei continenti terrestri, le mitiche “Seven Summits“, nel 1992.
Questi traguardi non vennero però raggiunti senza numerose difficoltà. Cresciuta in un periodo dove le discriminazioni erano all’ordine del giorno, fu costretta nel 1969 a fondare il “Ladies Climbing Club” per riuscire a trovare delle compagne di scalata, visto che non era ben visto intraprendere questo tipo d’imprese con degli uomini.
Non mancarono anche le disavventure, come quella durante la scalata tutta al femminile dell’Everest, quando scampò miracolosamente a una valanga.
Le sue imprese sono così rimaste nell’immaginario collettivo da diventare praticamente un mito, tale da intitolarle un asteroide e nel 2019 una catena montuosa sul pianeta Plutone.
Negli ultimi anni prima della sua morte avvenuta nel 2016, portò sempre avanti le iniziative per la salvaguardia delle sue amate montagne, nonostante fosse gravemente malata.
Karen Darke

Karen Darke è un’atleta paralimpica, un concentrato di spirito di avventura, intraprendenza e forza morale. Ha vinto numerosi riconoscimenti per le sue imprese sportive e, nel suo ruolo di allenatrice, ha sempre cercato di tramandare ai più giovani i valori di uno sport fatto di fatica e impegno. La sua storia e i suoi risultati nel tempo hanno ispirato migliaia di persone.
Appassionata scalatrice e corridore fin dalla giovane età, durante un’arrampicata rimase paralizzata dal petto in giù a causa di una caduta. Aveva solo 21 anni.
Tuttavia, grazie alla sua incredibile forza d’animo, non si è mai arresa e anzi nel tempo ha sfruttato tutte le sue risorse per proseguire la sua carriera sportiva, motivando tutte le persone che la circondavano parlando e scrivendo di sé e della sua storia.
Karen attualmente fa parte della squadra della Gran Bretagna di paraciclismo e ha raggiunto grandi risultati: nel paratriathlon, vincendo l’oro ai Campionati del Mondo di Auckland nel 2012, nella cronometro su strada paraciclistica femminile la medaglia d’oro a Rio nel 2016 e quella d’argento ai Giochi di Londra del 2012.
Oltre ai successi sportivi, Karen Darke ha portato a termine tantissime imprese in giro per il mondo, come il viaggio in Himalaya e nella Patagonia cilena, l’avventura in kayak da Vancouver a Juneau e la circumnavigazione della Corsica. Si è misurata anche con l’Alaska e attraversato la calotta glaciale della Groenlandia, scalato El Capitan nel parco dello Yosemite e percorso il Pacific Coastal Trail dal Canada al Messico. Insomma, una donna in cammino dotata di una determinazione di ferro!
Robyn Davidson

Un’altra donna che ha fatto della sua tenacia un punto di forza, è Robyn Davidson. Nel 1977, quando aveva solo 26anni, Robyn ha deciso di intraprendere un viaggio incredibilmente lungo: 1700 miglia (circa 2735 km) attraverso il deserto australiano. La sua unica compagnia erano quattro cammelli e il suo cane Diggity.
Il viaggio iniziò con una certa dose di “follia”, in quanto il territorio che dovette attraversare era rinomato per la sua difficoltà, dimostrandosi una sfida che mise a dura prova la sua determinazione. Partita da Alice Springs, viaggiò attraversando territori dell’entroterra australiano quasi disabitati e fin lì poco battuti, ma alla fine riuscì nel suo intento e raggiunse la costa sull’Oceano Indiano.
La sua avventura diede origine al famoso libro “Tracks”, in cui Robyn parla di quanto si sentisse libera nel deserto, di come il fascino di queste terre infinite l’avesse fatta distaccare dalle convenzioni imposte dalla società, dai canoni di bellezza e comportamento femminile necessari per farne parte. Si può dire che il suo incedere fosse quasi come percorrere uno dei tanti cammini spirituali che esistono in varie parti del mondo.
Tra gli incontri che hanno segnato questa sua esperienza, quello con gli aborigeni australiani sicuramente lasciò il segno. Infatti qui constatò quanto il ruolo della donna in queste popolazioni avesse avuto una regressione rispetto al passato, a causa della mentalità dei colonizzatori che a poco a poco fu imposta.
Dal suo libro è stato anche tratto un film, uscito nel 2014: “Tracks- Attraverso il deserto” (foto sopra)
Donne in cammino: il pellegrinaggio delle donne – 1913

Qui raccontiamo la storia di un pellegrinaggio molto particolare, quello che si svolse a inizio ‘900 nel Regno Unito da parte delle donne dell’Unione Nazionale delle Società di Suffragio Femminile (NUWSS). In quegli anni, la lotta per il diritto di voto alle donne era molto sentita e si divideva tra coloro che preferivano una lotta pacifica e chi invece credeva fossero necessari atti più incisivi per scardinare il sistema.
La NUWSS credeva nella lotta non violenta e a quel tempo aveva quasi 100.000 membri. Una delle figure di spicco fu Katherine Harley, che ebbe l’idea di realizzare un “Pellegrinaggio per il suffragio femminile”, che avrebbe potuto dimostrare al Parlamento quanto fossero numerose e determinate le donne che pretendevano il diritto di voto. La marcia partì il 18 giugno 1913.
La maggioranza delle partecipanti si spostava a piedi, anche se alcune utilizzavano la bicicletta o il cavallo. Lungo la strada incontrarono uomini e donne che parteggiavano per loro e offrivano supporto, ma anche molta indifferenza e addirittura scherno o vistosa avversione.
Il termine pellegrine non era casuale, infatti tra i vari segni di riconoscimento venne utilizzato anche un guscio di conchiglia da applicare sul cappello. L’organizzazione prevedeva che l’intero itinerario venisse completato come una staffetta, formata dalle varie federazioni locali.
Nonostante le difficoltà e l’ostruzionismo, il 26 luglio 1913 circa 50000 donne raggiunsero Hyde Park a Londra, dimostrando quanto la forza di volontà e l’unità d’intenti potesse essere davvero inarrestabile. Analoghe manifestazioni si svolsero negli Stati Uniti (foto sopra), come quella di Washington, dove nel 1913 ottomila donne marciarono per il diritto di voto, che ottennero solo sette anni dopo.
